Chi è Luca Barboni?

In questo momento è un Autore, Imprenditore, Public Speaker, ma anche Growth Hacker, Advisor, Startup Mentor, e nel tempo libero Game Designer.
Negli ultimi 10 anni il filo conduttore di tutto ciò che ho fatto è stata l’innovazione e più precisamente la sperimentazione aziendale, tramite l’approccio del Growth Hacking.
Come ti sei appassionato a questo campo?
Nel 2014 lavoravo come Marketing Manager per una startup e ovviamente cercavo di formarmi e informarmi su nuovi metodi e strategie per migliorare i risultati che portavo. In particolare su quali fossero metodologi e best practice provenienti direttamente dalle startup della Silicon Valley.
Grazie ad una delle founder sono incappato in un ebook di Neil Patel che parlava proprio di Growth: “The Definitive Guide to Growth Hacking”.
Mi colpì subito l’approccio pratico e multidisciplinare, capace di avere un impatto non solo relativo al marketing ma di crescita delle metriche dell’azienda nel suo insieme.
Di fatto questo approccio da “hacker” alla crescita, ti permette di spaziare e sperimentare su diverse aree aziendali, mettendo in campo diverse competenze e lanciando diverse iniziative, che normalmente ti sarebbero precluse se parti da una posizione puramente “Marketing”.
Se l’obiettivo diventa “La metrica X deve crescere di Y entro Z”, di fatto non è importante che questo miglioramento provenga dal Marketing, dalle Vendite, dalla UX, dall’IT, o dal Customer Support. L’importante è che funzioni!
Quindi il tuo approccio considera l’intero flusso, non solo la parte marketing?
Se ci pensi non è possibile fare altrimenti perché le aziende sono come degli organismi complessi: tutto è collegato. E molto spesso si salta alla conclusione che il Marketing sia inefficace quando in realtà il problema sta a monte, ovvero è il prodotto a non aver raggiunto un “fit” con il mercato, o ad essere stato concepito con una chiara visione cliente-centrica.
Per questo bisogna lavorare molto sull’allineamento tra dipartimenti e su figure trasversali (come il Growth Hacker) e con un background multidisciplinare, così da essere capaci di guidare gli altri a remare nella stessa direzione.
Quali sono le aziende più strane con le quali avete collaborato?
Trattandosi prima di tutto di un processo, di un metodo, abbiamo lavorato davvero con aziende di ogni tipo, grandezza e settore. Un nostro ex-dipendente ha portato questo approccio nella pizzeria di famiglia. Abbiamo riempito eventi di migliaia di partecipanti, lanciato brand di moda facendo picchi di 300.000€ di fatturato nel giro di 72h, e portato startup sino all’exit.
Ma è anche capitato di conoscere realtà, studiarle a fondo in una fase iniziale e renderci conto di non poterle aiutare.
Ad esempio abbiamo interrotto una collaborazione con un’azienda che si occupava di carrelli elevatori industriali perché ci siamo accorti che, in quel caso specifico, l’assenza di dati chiari e la poca trasparenza della forza vendita nei confronti dell’azienda avrebbe reso davvero difficile – se non impossibile – instaurare un loop di sperimentazione e miglioramento continuo basato sui dati.
Però questa è stata la nostra scelta come società di consulenza che offre servizi strutturati in un certo modo. La stessa azienda potrebbe assumere un Growth Hacker o acquistare formazione ed avviare un percorso di trasformazione dall’interno.
Quanto conta la capacità dell’azienda di immergersi nella Metodologia?
Abbracciare il processo, o quantomeno i suoi principi culturali, è necessario per collaborare al meglio e ottenere i risultati prefissati.
Prima delle tattiche viene infatti il processo, e prima ancora del processo la cultura, il mindset, i valori.
Un’azienda allergica al concetto di fallimento, anche nel suo contesto sperimentale, che ha paura di innovare, e che non è disposta a condividere informazioni tra un dipartimento e l’altro, o tra un dato team e noi alleati esterni, non ha (ancora) un terreno fertile per coltivare questa cultura del Growth.
Per questo cerchiamo aziende allineate che siano pronte a mettere in gioco non solo il loro modo di fare Marketing, ma potenzialmente il loro intero Modello di Business.
In che modo avete integrato l’AI nel vostro processo?
Il primo punto, quello più immediato, è stato l’integrazione dell’AI nei processi
Produttivi interni per aumentare la velocità della delivery e abbattere costi.
In una seconda fase invece abbiamo sviluppato tool interni, che dunque non sono nemmeno in vendita o visibili al cliente, e che ci permettono di fare cose che prima non potevamo fare.
In ultimo abbiamo sviluppato invece delle soluzioni software come “spinoff” della consulenza, tra cui AISA ovvero AI Sales Assistant: un assistente alle vendite basato su AI che dialoga con i lead istantaneamente via whatsapp e nel frattempo aggiorna automaticamente lo stato della trattativa sul tuo CRM. AISA è dotato anche di funzionalità molto avanzate, e alcuni clienti già hanno riscontrato letteralmente un x2 del tasso di conversione.
Quanto le aziende italiane stanno utilizzando l’AI e quanto sono disposte a implementarla?
La questione del momento per quello che vedo io è separare l’hype dalla sostanza.
Le aziende sono anche disposte ad implementarla, ma c’è grande difficoltà nell’individuare il caso d’uso pratico da cui partire, e dunque su 1.000.000 di imprenditori che ne parlano ce ne sono forse solo 10 che la utilizzano davvero quotidianamente.
Che cosa consigli per approcciarsi al Growth Hacking?
Consiglio sicuramente il libro “Hacking Growth” di Morgan Brown e Sean Ellis. Si tratta di un contenuto fondamentale per chi vuole iniziare visto che Sean Ellis è proprio la persona che nel 2010 coniò il termine “growth hacking”.
Si approfondisce anche la parte tecnica della materia con esempi concreti e permette di comprendere meglio di cosa si tratta.
Il secondo libro è Growth Hacker Marketing di Ryan Holiday. In questo caso apprezzo moltissimo lo stile di scrittura e in generale il concept del libro: potremmo dire che lui era un cosiddetto “marketer tradizionale” che ha visto nascere questo approccio Growth, sino a realizzare egli stesso quanto potesse avere un impatto dirompente nel mondo del marketing. Per questo è in qualche modo la storia della trasformazione, della ricerca, dell’osservazione da parte di una figura “marketing” che si addentra nel mondo “growth” per far evolvere la sua carriera.