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Deepseek: i costi reali

L’intelligenza artificiale continua a evolversi a un ritmo vertiginoso, e DeepSeek, una startup cinese, sta facendo parlare di sé per le sue incredibili prestazioni a basso costo. Il suo modello R1, nella versione più recente, ha superato benchmark chiave nel coding, nella scienza e nella matematica, battendo modelli proprietari come quello di OpenAI. Questa avanzata tecnologia, inizialmente presentata come frutto di un investimento modesto, si è rivelata in realtà un progetto multimiliardario, capace di scuotere l’intero settore tecnologico. deepseek quanto costa: il vero prezzo della rivoluzione AI In un primo momento, DeepSeek aveva dichiarato di aver sviluppato il proprio modello con soli 6 milioni di dollari e 2.048 GPU per l’addestramento. Tuttavia, un’indagine di SemiAnalysis ha rivelato una realtà ben diversa: l’azienda avrebbe speso 1,6 miliardi di dollari solo in hardware, tra cui 50.000 GPU NVIDIA Hopper, con costi operativi che si avvicinano ai 944 milioni di dollari. Questo ribaltamento dei dati ha sollevato interrogativi sulla reale accessibilità della tecnologia AI e sulle risorse necessarie per competere nel settore. Impatto sul mercato e reazioni degli esperti La rivelazione dei costi ha avuto un effetto immediato sul mercato: il titolo di NVIDIA ha perso fino a 600 miliardi di dollari di capitalizzazione in un solo giorno, segnale della crescente tensione tra le aziende AI e i fornitori di hardware. Anche i leader del settore hanno espresso le loro opinioni: il CEO di Microsoft, Satya Nadella, ha definito DeepSeek “super impressionante“, sottolineando l’importanza di prendere seriamente l’innovazione cinese. D’altro canto, Yann LeCun di Meta ha ridimensionato l’allarme, affermando che la maggior parte degli investimenti statunitensi nell’AI è destinata all’inferenza, piuttosto che all’addestramento dei modelli. Ciò che emerge con chiarezza è che il settore sta entrando in una nuova fase, in cui l’efficienza e l’ottimizzazione contano tanto quanto la pura potenza di calcolo.

Forum Industria digitale: domani a Brescia

Il 5 febbraio il Brixia Forum di Brescia ospiterà il Forum Industria Digitale, un evento dedicato alle tecnologie più avanzate nel settore manifatturiero. Organizzato da Messe Frankfurt Italia in collaborazione con Gruppo Meccatronica e Gruppo Software Industriale di Anie Automazione, il forum rappresenta un’occasione per esplorare le ultime innovazioni in automazione, intelligenza artificiale e sostenibilità. Tecnologia e interconnessione al centro dell’evento L’evento si articolerà in tre sessioni tematiche, affrontando i temi della progettazione, integrazione e interconnessione nelle industrie digitali. Attraverso convegni e dimostrazioni pratiche, i partecipanti potranno conoscere strumenti e strategie per migliorare efficienza, produttività e competitività. Una delle novità di questa edizione è il Plug-Fest OPC UA, un’area espositiva dedicata allo standard di comunicazione OPC UA. Qui verranno presentate soluzioni reali per l’interoperabilità tra sistemi di automazione di diversi produttori, con demo live su gestione energetica, controllo dati e comunicazione tra macchinari. Spazi espositivi Oltre ai convegni, il Forum offrirà uno spazio espositivo con la partecipazione di aziende leader del settore, tra cui B&R Automazione Industriale, Beckhoff Automation, Omron Electronics, Schneider Electric, Sick, Rockwell Automation e molte altre. L’evento è gratuito, ma è necessaria l’iscrizione sul sito ufficiale. Inoltre, gli ingegneri iscritti all’Ordine della Provincia di Brescia potranno ottenere 3 CFP per la partecipazione. Per maggiori informazioni e il programma completo, visita il sito del Forum.

Lazio in crescita

Il Lazio si conferma un motore trainante per l’export italiano grazie alla crescita dei suoi poli tecnologici. Nei primi nove mesi del 2024, le esportazioni del settore hi-tech regionale hanno superato i 12 miliardi di euro, con un aumento del 19,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. Questi numeri evidenziano il ruolo chiave del Lazio nell’innovazione e nella competitività internazionale, con risultati eccezionali soprattutto nei settori farmaceutico, ICT e aerospaziale. Farmaceutico: un settore in continua espansione Il polo farmaceutico laziale continua a essere il fiore all’occhiello dell’economia regionale, registrando un incremento del 27,3% nel terzo trimestre del 2024. Le esportazioni hanno raggiunto i 10,2 miliardi di euro nei primi nove mesi dell’anno, con un +25,7% rispetto al 2023. A trainare la crescita sono soprattutto gli scambi con gli Stati Uniti, ma si registrano ottime performance anche verso Belgio (+7,6%), Paesi Bassi (+14,4%), Germania (+23,7%), Irlanda (+64,6%) e Austria (+69,6%). Unica nota negativa riguarda Spagna e Regno Unito, che hanno visto un calo rispettivamente del -49,9% e -22,3%. ICT: il rimbalzo del polo romano Anche il polo ICT di Roma ha registrato un forte incremento nelle esportazioni, con un +33,5% nel terzo trimestre del 2024. I mercati che hanno maggiormente contribuito a questa crescita sono stati Stati Uniti (+51,5%), Germania (+50,4%), Paesi Bassi (+35,2%) e Spagna (+78,7%). Ottimi risultati anche in Cina, Qatar e India, mentre alcuni mercati come il Regno Unito (-1,9%), Emirati Arabi Uniti (-23,8%) e Svizzera (-11,9%) hanno mostrato un rallentamento. Complessivamente, il settore ICT romano ha raggiunto 850 milioni di euro di esportazioni, con un incremento del 24,3% rispetto al 2023. Aerospaziale: ritorno in crescita Dopo un periodo di difficoltà, il polo aerospaziale del Lazio torna in territorio positivo con un notevole incremento del 96,4% nel terzo trimestre del 2024, pari a un aumento di 138 milioni di euro. A spingere questa ripresa sono stati soprattutto gli scambi con Stati Uniti e Qatar. Il Lazio, un’eccellenza nell’export italiano L’export tecnologico del Lazio continua a distinguersi nel panorama nazionale, confermando la regione come un punto di riferimento per l’innovazione e la competitività internazionale. Secondo il report di Intesa Sanpaolo, i poli hi-tech laziali stanno dimostrando una grande capacità di adattamento ai mercati globali, grazie a investimenti mirati e a una forte propensione all’innovazione. Con una crescita così significativa, il Lazio si posiziona sempre più come un polo di riferimento per il settore hi-tech italiano, pronto a cogliere nuove opportunità sui mercati internazionali.

L’Emilia-Romagna punta sull’hi-tech

La regione ha stanziato 220 milioni di euro provenienti dal Fondo Sociale Europeo. Un pacchetto di grandezza senza precedenti che si va ad affiancare ai 108 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale. Tutto andrà a confluire nella nuova piattaforma per gli investimenti voluta dall’Unione europea: Step-Strategic technologies for Europe platform. L’obiettivo, secondo Vincenzo Colla è quello di stanziare più fondi possibili per spingere l’acceleratore sul potenziamento dei 12 tecnopoli regionali per favorire la competitività. Le prime imprese ad aggiudicarsi i “sigilli Step” sono quattro: Hera, Agromateriale, Tampieri Group, Marcegaglia. Si tratta di progetti che si muovono nel solco della linea tracciata a livello europeo: ridurre le dipendenze e migliorare la capacità di competere.

Parliamo di automobili con Jacopo Balsamini

Chi è Jacopo Balsamini? Ho conseguito una laurea triennale e poi una magistrale in ingegneria meccanica con un percorso in veicoli e controlli. Questo significa che mi sono occupato di dinamica del veicolo, gestione e ottimizzazione delle performance, oltre alla diagnosi e verifica online e offline di eventuali problemi. Attualmente lavoro in Lamborghini, nel gruppo di meccatronica e controllo, focalizzandomi sulla dinamica verticale e sullo sviluppo del software per le sospensioni semi-attive. Anche con un background di ingegneria meccanica, lo sviluppo del software oggi sembra essere centrale. Qual è la tua opinione in merito? Assolutamente sì. Ormai tutte le aziende, sia i costruttori finali che i fornitori, puntano molto sullo sviluppo software perché permette di ottimizzare le performance al massimo e di essere più robusti nelle situazioni di pericolosità. Ad esempio, in caso di guasto di una sospensione o di una ruota, il software deve garantire la sicurezza del veicolo. Lamborghini produce auto ad alte prestazioni, ma c’è sempre un compromesso da raggiungere tra performance e comfort. Quanto è difficile trovare questo equilibrio? Io mi occupo proprio di questo equilibrio tra tenuta di strada e comfort. Questi due aspetti sono spesso in contrasto: una macchina sportiva di solito non è confortevole, ma oggi si cerca di mantenere alte prestazioni senza sacrificare il comfort. Con lo sviluppo software, ottimizziamo le sospensioni per garantire vibrazioni minime e un comfort elevato senza compromettere la stabilità della vettura. Lamborghini sta puntando molto su questo, come dimostra il nuovo controllore software sviluppato per la Revuelto, che ha migliorato il comfort rispetto ai modelli precedenti. Ci sono nuove tecnologie all’orizzonte nel campo delle sospensioni? Le sospensioni attive sono il futuro, come sta facendo Ferrari, e anche noi le stiamo sviluppando. Queste sospensioni garantiscono massima tenuta di strada e comfort, ma hanno lo svantaggio di essere più pesanti e richiedere più energia. Lamborghini sta puntando sull’ibrido plug-in, il che permette di gestire al meglio il consumo energetico di queste nuove tecnologie. Quali sono le differenze principali tra le diverse tecnologie di sospensioni? Ci sono quattro principali tecnologie: Anche in vetture di lusso come le Lamborghini esistono vincoli di budget. Come si scelgono le caratteristiche da implementare o tagliare? Il marketing stabilisce i target in base alle tendenze di mercato e ai costi. Per esempio, in un prossimo progetto si è scelto di rimuovere le sospensioni semi–attive per contenere i costi, puntando invece su aerodinamica attiva. Ogni scelta viene fatta bilanciando competitività, budget e attrattività del prodotto rispetto ai concorrenti. Com’è una giornata tipo per un ingegnere in Lamborghini? Dipende dal periodo. Passiamo molto tempo in fase di testing e validazione, sia a Sant’Agata che in altri circuiti di prova come Nardò. Una parte della giornata è dedicata alla verifica del software in auto, mentre il resto del tempo lavoriamo in ufficio, sviluppando software in Matlab/Simulink, partecipando a riunioni e gestendo il time plan dei progetti. Un consiglio per chi sta studiando ingegneria e sogna di lavorare in questo settore? Bisogna essere curiosi e preparati. Il software sta diventando sempre più centrale anche per gli ingegneri meccanici. Imparare linguaggi di programmazione come Matlab, Simulink e C può fare la differenza. Inoltre, è importante avere esperienze pratiche, come tirocini o progetti universitari, per arrivare preparati nel mondo del lavoro.

Stipendi 2025: come cambia il netto?

Stipendi 2025: cosa cambia per lavoratori e aziende Il 2025 porta con sé importanti novità per gli stipendi in Italia, grazie agli interventi su cuneo fiscale e aliquote IRPEF. L’obiettivo del governo è aumentare il reddito netto disponibile per i lavoratori, senza gravare troppo sulle aziende. Ma quali saranno gli effetti concreti in busta paga? E come dovranno regolarsi le imprese? Taglio al cuneo fiscale 2025: cosa significa Il cuneo fiscale rappresenta le tasse che influiscono sul costo del lavoro. Negli ultimi anni, i governi hanno cercato di ridurlo per favorire la crescita economica e il potere d’acquisto dei lavoratori. Anche per il 2025 è prevista una conferma del taglio al cuneo fiscale, con l’intenzione di mantenere gli sconti contributivi già in vigore. Questo si traduce in stipendi netti leggermente più alti, soprattutto per chi ha redditi medio-bassi. Secondo le stime, i lavoratori con redditi fino a 35.000 euro annui potrebbero beneficiare di un aumento netto mensile tra i 50 e i 100 euro, a seconda della fascia di reddito e delle detrazioni applicabili. Aliquote IRPEF 2025: meno scaglioni, più risparmio? Si confermano i 3 scaglioni IRPEF : Questa modifica riduce la pressione fiscale soprattutto per chi si trova nella fascia media, ovvero tra i 28.000 e i 50.000 euro annui. Per un lavoratore con RAL di 40.000 euro, il risparmio fiscale potrebbe aggirarsi sui 600-800 euro annui. Cosa cambia per le aziende Per le imprese, le novità fiscali del 2025 potrebbero avere un duplice effetto. Da un lato, il taglio del cuneo fiscale aiuta a mantenere più competitivi gli stipendi senza aumentare direttamente i costi del lavoro. Dall’altro, la riforma IRPEF potrebbe ridurre il carico fiscale su alcune categorie di lavoratori, migliorando il clima aziendale e incentivando la produttività. Tuttavia, resta il tema della sostenibilità delle misure nel medio-lungo termine. Se il governo decidesse di ridurre gli sgravi contributivi in futuro, le aziende potrebbero trovarsi a dover gestire nuovi aumenti del costo del lavoro. Conclusioni Il 2025 si preannuncia un anno di transizione importante per stipendi e fiscalità. L’equilibrio tra taglio del cuneo fiscale e riduzione delle aliquote IRPEF punta a dare maggiore respiro ai lavoratori senza pesare troppo sulle imprese. Tuttavia, sarà fondamentale monitorare l’impatto effettivo di queste misure e valutare eventuali correttivi. Per lavoratori e aziende, il consiglio è di rimanere aggiornati sulle novità fiscali e, se necessario, consultare un esperto per ottimizzare al meglio la gestione dello stipendio o del costo del lavoro.

IRPEF 2025

La Legge di Bilancio 2025 introduce significative modifiche al sistema fiscale italiano, con particolare attenzione alla riforma dell’IRPEF e alle misure rivolte ai lavoratori dipendenti. Questi interventi mirano a semplificare la struttura delle aliquote, ridurre il carico fiscale per alcune categorie di contribuenti e incentivare la produttività. Vediamo nel dettaglio cosa prevede la nuova normativa e quali potrebbero essere le prospettive future. Riforma IRPEF 2025: nuove aliquote e obiettivi Una delle principali novità è la riduzione delle aliquote IRPEF, passate da quattro a tre scaglioni. Questa modifica mira a semplificare il calcolo delle imposte e ad alleggerire il peso fiscale per lavoratori e famiglie. Ecco la nuova struttura: La riforma non si limita a ridurre il numero degli scaglioni, ma punta anche a migliorare la progressività del sistema fiscale, garantendo un trattamento più equo per i redditi medi e bassi. Inoltre, sono previsti correttivi per assicurare che la revisione non penalizzi i contribuenti prossimi al limite tra due fasce di reddito. Lavoratori dipendenti: le misure previste Per i lavoratori dipendenti, la Legge di Bilancio introduce ulteriori agevolazioni. Tra le principali: Queste misure puntano non solo ad alleviare il peso fiscale, ma anche a incentivare la partecipazione al mercato del lavoro e sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Prospettive future Sebbene la Legge di Bilancio 2025 rappresenti un passo importante verso la semplificazione fiscale, si discute già di ulteriori interventi per i prossimi anni. Tra le possibili novità, alcune fonti indicano: Queste ipotesi, se attuate, potrebbero consolidare ulteriormente il processo di modernizzazione del sistema tributario italiano.

Fincantieri ancora una volta Top Employer

Fincantieri, uno dei principali attori globali nella cantieristica navale, ha ricevuto per il quarto anno consecutivo la certificazione “Top Employer Italia“, un riconoscimento che conferma l’azienda come eccellenza italiana anche nel campo delle politiche del lavoro e della gestione delle risorse umane. La certificazione “Top Employer Italia” La certificazione viene assegnata dal Top Employers Institute, un ente indipendente che valuta le aziende di tutto il mondo sulla base di criteri rigorosi. Tra i parametri analizzati figurano lo sviluppo delle competenze, il benessere dei dipendenti, la formazione continua e l’attenzione alle politiche di inclusività. Nel caso di Fincantieri, l’istituto ha riconosciuto un impegno costante nell’ottimizzazione dei processi HR, che ha consentito al gruppo di distinguersi come un modello di riferimento. L’importanza del riconoscimento Essere certificati “Top Employer” rappresenta per Fincantieri un traguardo significativo in un contesto produttivo nazionale e internazionale sempre più competitivo. Il riconoscimento attesta non solo l’eccellenza nelle pratiche di gestione del personale, ma anche la capacità di attrarre e trattenere talenti, elemento fondamentale per un settore complesso come quello della cantieristica. In Italia, solo un numero ristretto di aziende riceve questa certificazione, rendendo il risultato di Fincantieri ancora più rilevante. Questo successo si inserisce in un panorama economico che valorizza sempre più le realtà capaci di coniugare produttività e benessere dei dipendenti. E nel mondo? Nel panorama internazionale, il settore della cantieristica navale è caratterizzato da una competizione serrata, in cui la capacità di innovare non si limita ai soli prodotti e processi, ma si estende anche alla gestione delle risorse umane. In questo contesto, il riconoscimento ottenuto da Fincantieri sottolinea il ruolo di leadership dell’azienda non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche come punto di riferimento per la valorizzazione del capitale umano. Un risultato che rafforza la posizione dell’Italia nel panorama industriale globale. Il contesto italiano L’ottenimento di questa certificazione da parte di Fincantieri rappresenta un segnale positivo per il tessuto produttivo italiano. In un periodo in cui molte aziende sono chiamate a confrontarsi con sfide legate alla digitalizzazione, alla sostenibilità e alla globalizzazione, Fincantieri dimostra come sia possibile raggiungere l’eccellenza combinando innovazione, attenzione ai dipendenti e visione strategica. Questo risultato non è solo una vittoria per l’azienda, ma testimonia il potenziale del “Made in Italy” come sinonimo di qualità, non solo nei prodotti ma anche nei processi aziendali. Uno sguardo al futuro La conferma per il quarto anno consecutivo come Top Employer Italia suggerisce che Fincantieri continuerà a investire in politiche del lavoro all’avanguardia. In un settore in continua evoluzione, mantenere standard elevati nella gestione delle risorse umane sarà cruciale per affrontare le sfide future e consolidare ulteriormente il ruolo di Fincantieri come eccellenza industriale italiana e globale.

Le PMI italiane sono connesse?

Oggi esploriamo la situazione della copertura della rete veloce per il mondo business. Nel corso degli anni il piano di espansione ha subito accelerazioni e battute d’arresto. Ma cosa accadrà nel 2025? La nuova Broadband Map Il panorama della connettività digitale in Italia è in evoluzione, e uno degli strumenti più utili per comprendere lo stato dell’arte è la nuova Broadband Map, recentemente aggiornata dall’AGCOM. Questa piattaforma interattiva consente di verificare in modo dettagliato la copertura delle reti a banda larga e ultra larga su tutto il territorio nazionale, offrendo dati preziosi per chiunque voglia pianificare investimenti o migliorare la propria infrastruttura digitale. Per i piccoli imprenditori, la Broadband Map rappresenta un punto di partenza fondamentale per identificare le opportunità offerte dalla connettività avanzata e le eventuali criticità da affrontare. Ftth: il futuro è nella fibra fino a casa La tecnologia Ftth (Fiber to the Home) rappresenta lo standard più avanzato nella trasmissione dei dati digitali, garantendo velocità elevate e una stabilità senza pari. Tuttavia, in Italia, la copertura Ftth è ancora disomogenea: solo il 49% delle piccole e medie imprese è raggiunto da questa infrastruttura, rispetto al 59,6% delle abitazioni. Questo gap evidenzia la necessità di accelerare gli investimenti nelle aree meno servite, soprattutto quelle a vocazione industriale e artigianale. Per i piccoli imprenditori, adottare la fibra ottica significa poter accedere a servizi cloud avanzati, migliorare la gestione delle operazioni quotidiane e rimanere competitivi in un mercato sempre più digitalizzato. Differenze tra regioni: un’Italia a due velocità Un aspetto cruciale da considerare è la forte disparità nella copertura di rete tra le diverse regioni italiane. Mentre alcune aree, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, vantano una diffusione capillare della banda ultra larga, altre regioni del Sud e delle zone montane soffrono ancora di una connessione inadeguata. Questa disparità non è solo un problema infrastrutturale, ma anche economico: le imprese situate in regioni meno connesse rischiano di rimanere indietro rispetto alla concorrenza. Per questo motivo, è fondamentale che i piccoli imprenditori siano consapevoli delle opportunità offerte dai bandi pubblici e dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), destinati a ridurre queste disuguaglianze territoriali. La densità crea vantaggi: opportunità nelle aree urbane Un altro fattore determinante nella diffusione della fibra ottica è la densità abitativa. Le aree urbane, grazie alla concentrazione di utenti e imprese, godono di una copertura nettamente migliore rispetto alle zone rurali. Questa situazione crea un doppio vantaggio per i piccoli imprenditori che operano in città: non solo possono beneficiare di una connettività superiore, ma hanno anche accesso a un ecosistema tecnologico più avanzato. Tuttavia, anche le aree rurali possono sfruttare l’innovazione tecnologica grazie a soluzioni come le reti wireless avanzate e i progetti di sviluppo mirati. In ogni caso, investire nella digitalizzazione è un passo strategico per ogni impresa, indipendentemente dalla sua posizione geografica. Conclusione Si tratta di una serie di sfide di non facile soluzione ma che vanno affrontate per mantenere competitivo il tessuto produttivo del Paese e che sono interconnesse agli investimenti in data center.

Data center: raddoppiano gli investimenti

Negli ultimi anni, i data center hanno assunto un ruolo centrale nella trasformazione digitale dell’Italia, rappresentando un’infrastruttura strategica per lo sviluppo tecnologico e industriale del Paese. Tuttavia, il panorama nazionale è caratterizzato da sfide strutturali che vanno affrontate per mantenere il passo con il resto d’Europa e rispondere alle crescenti esigenze delle aziende. Un settore in crescita, ma non senza sfide Secondo un recente rapporto dell’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, il mercato italiano dei data center sta vivendo una fase di espansione significativa. Nel biennio 2023-2024, gli investimenti complessivi sono stimati attorno ai 5 miliardi di euro, una cifra destinata a raddoppiare nel 2025-2026, superando i 10 miliardi di euro. Questi numeri riflettono un impegno crescente verso la digitalizzazione, con grandi player tecnologici come Microsoft e Amazon Web Services che annunciano piani di investimento plurimiliardari. La città di Milano si conferma il cuore pulsante di questa evoluzione. Grazie alla sua infrastruttura avanzata, Milano è diventata un hub strategico per i data center in Europa, con una potenza energetica IT che ha raggiunto i 238 MW, segnando un aumento del 34% rispetto al 2022. Nonostante ciò, permangono sfide significative, soprattutto in termini di approvvigionamento energetico e sostenibilità della rete elettrica, elementi fondamentali per sostenere la crescita prevista. I fattori trainanti dell’espansione La crescita del settore è alimentata da diversi fattori. In primo luogo, l’adozione di tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things e il 5G ha generato una domanda esponenziale di capacità di elaborazione e archiviazione dei dati. Le imprese italiane stanno progressivamente comprendendo l’importanza di queste infrastrutture per migliorare la loro competitività, accelerare l’innovazione e garantire una gestione efficace delle operazioni. Un altro driver chiave è rappresentato dalle normative europee in materia di protezione dei dati, come il GDPR, che richiedono alle aziende di garantire la sicurezza e la localizzazione dei dati all’interno dei confini dell’Unione. Questa esigenza ha stimolato la costruzione di nuovi data center sul territorio italiano, aumentando la capacità locale e riducendo la dipendenza da infrastrutture estere. Le sfide da superare Nonostante le prospettive positive, il settore deve affrontare alcuni ostacoli significativi. Il primo è legato al consumo energetico. I data center sono notoriamente energivori, e l’attuale rete elettrica italiana potrebbe non essere in grado di sostenere un’espansione così rapida senza interventi strutturali. In questo contesto, è cruciale integrare soluzioni di energia rinnovabile per ridurre l’impatto ambientale e garantire la sostenibilità a lungo termine. In secondo luogo, l’Italia deve migliorare la capacità di attrarre investimenti internazionali. Nonostante la presenza di grandi operatori, il mercato italiano è ancora meno competitivo rispetto ad altri Paesi europei come Germania, Francia e Paesi Bassi. La semplificazione burocratica e l’adozione di politiche fiscali favorevoli potrebbero giocare un ruolo decisivo per colmare questo divario. Prospettive per il futuro Guardando al futuro, è evidente che il settore dei data center in Italia si trova di fronte a un bivio: da un lato, c’è l’opportunità di consolidarsi come un attore chiave nell’ecosistema digitale europeo; dall’altro, le sfide strutturali potrebbero rallentare la sua crescita. Per cogliere questa opportunità, è necessario un impegno congiunto tra settore pubblico e privato. Le istituzioni possono giocare un ruolo fondamentale incentivando l’adozione di tecnologie sostenibili, semplificando i processi autorizzativi e investendo in infrastrutture energetiche. Allo stesso tempo, le imprese devono continuare a innovare, collaborando con partner tecnologici per sviluppare soluzioni all’avanguardia.

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