
Chi è Alessandro Niglio?
Partiamo dall’inizio. Mi sono laureato in matematica nel 1994 perché la mia passione era la matematica. In realtà, avrei sempre voluto insegnare, diventare un professore di matematica, una materia che mi piaceva tantissimo. Tuttavia, all’epoca non c’erano concorsi, né nelle scuole, né nelle università, quindi era difficile.
Ho iniziato la mia carriera come ricercatore di software. Dopo un corso di formazione di oltre un anno, fui assunto a tempo indeterminato come ingegnere del software e ricercatore presso un consorzio di ricerca.
Le mie prime applicazioni furono nel campo dell’intelligenza artificiale e della progettazione di basi di dati di conoscenza, quello che oggi chiamiamo big data e machine learning. All’epoca c’era Prolog e lavoravamo su progetti di documentazione automatica del software, utile soprattutto per industrie e banche che dovevano mantenere vecchi software scritti in COBOL.
La mia carriera si è evoluta, ho fatto tutti i gradini del mondo informatico fino a diventare dirigente nel 2009. Sono stato dirigente in cinque aziende diverse, lavorando nel mondo dell’informatica, del facility management, del property management, e in piccole, medie e grandi imprese.
Negli ultimi 5 anni mi sono dedicato alla consulenza strategica e all’innovazione, lavorando in un’azienda che si occupava di investimenti in startup in fase early stage. Ho gestito un portafoglio di 23 startup, con tre exit alle spalle, e ho affiancato vari team come mentor. Da tre anni ho iniziato a investire anche io in startup, soprattutto quelle che si occupano di tecnologie utili alla trasformazione digitale delle PMI.
Quest’anno, ho intrapreso la mia vita imprenditoriale e la libera professione, aderendo a un network, Your Group, di fractional management. La mia visione è portare l’innovazione nelle PMI, nelle aree interne e nei piccoli borghi. Sono anche socio della fondazione Ampioraggio, che si occupa proprio di portare innovazione nelle comunità montane e nei piccoli borghi. Oggi sono un fractional manager esperto in innovazione, specializzato nella trasformazione digitale delle piccole e medie imprese.
Che figura è il fractional manager?
Gli imprenditori sentono il bisogno di iniettare managerialità nelle loro aziende, ma assumere un manager esperto può essere costoso. Inoltre, c’è spesso uno scontro culturale tra il manager esterno e l’ambiente familiare. È per questo che il fractional management è diventato una soluzione popolare.
Il fractional manager è un professionista con esperienza esecutiva che lavora per diverse aziende contemporaneamente. Offre alle PMI la possibilità di avere accesso a competenze manageriali di alto livello a una frazione del costo, e con un impegno modulare. Questo approccio permette di far crescere l’azienda gradualmente, trasferendo competenze e best practice che non sempre sono presenti all’interno.
Come si può innovare nelle aziende italiane?
È una domanda ampia e complessa. Provo a concentrarmi sulle PMI, che rappresentano una fetta enorme del panorama imprenditoriale italiano. Se non ricordo male, occupano circa il 75% degli impiegati e generano una grande parte del PIL. Molte di queste aziende sono nate nel dopoguerra, e oggi sono arrivate alla seconda o terza generazione.
Quando parlo di innovazione in questo contesto, la suddivido in quattro aree: persone, cultura, tecnologia e crescita.
- Persone: la prima sfida nelle PMI è la gestione dei conflitti intergenerazionali. I fondatori spesso vogliono mantenere le tradizioni aziendali, mentre i figli e nipoti spingono per la modernità e la digitalizzazione. Inoltre, c’è il tema della valorizzazione dei talenti interni, che spesso hanno lavorato nella stessa azienda per anni e conoscono profondamente il business, ma che devono essere supportati nel processo di cambiamento.
- Cultura: ogni programma di innovazione deve affrontare la resistenza al cambiamento. L’innovazione deve essere comunicata in modo chiaro a tutti i livelli aziendali, e questo richiede una trasformazione culturale profonda.
- Tecnologia: per le PMI, la tecnologia si concentra soprattutto sull’efficientamento operativo e sull’accesso a reti di collaborazioni esterne, come startup, università e fornitori di tecnologia. Molte PMI trovano difficile accedere a queste risorse.
- Crescita: innovare non significa farlo solo per moda, ma per rimanere competitivi in un mercato globalizzato. La flessibilità e la possibilità di accedere a nuovi mercati, anche digitali, sono fondamentali.
Per quanto riguarda il mondo startup, l’Italia è in grado di innovare?
Io dissento completamente da chi dice che in Italia manchi innovazione. Al contrario, abbiamo una lunga storia di innovazione: da Leonardo da Vinci a Olivetti. Ciò che manca è la capacità di fare sistema. Dobbiamo imparare a collaborare, a competere e a fare “coopetition“. In Italia, abbiamo molte eccellenze, ma spesso vengono vendute o osteggiate dalle normative. Mancano politiche che favoriscano lo sviluppo e l’ecosistema imprenditoriale, mentre si mettono in atto troppe misure restrittive che limitano l’accesso all’innovazione.
Qual è stata la startup con l’idea più folle che hai sentito, ma che ha avuto successo?
Una delle più folli è stata sicuramente Cubit, che si occupa di cloud. All’inizio non ci credevo, mi sembrava che fosse troppo tardi per quel tipo di innovazione, ma sono stati bravissimi e ora sono arrivati alla Series B, raccogliendo tanti finanziamenti.
Un’altra che mi ha colpito è stata Unobravo, una startup campana che offre servizi di psicologia online. Partita dal nulla, ha avuto una crescita incredibile. Il suo successo dimostra che anche partendo da zero, con determinazione, si possono raggiungere grandi obiettivi.
Infine, Up2You, che si occupa di sostenibilità. Anche qui ero scettico all’inizio, ma i fondatori hanno dimostrato grande determinazione, e ora sono una delle startup italiane più promettenti.
Un’azienda come può prepararsi all’arrivo di un manager?
La prima cosa che consiglio è aprirsi al mondo esterno. Molti imprenditori frequentano solo i luoghi tradizionali di networking come Confindustria, dove si parlano tra loro, ma non sempre trovano le soluzioni ai propri problemi. Bisogna uscire dalla propria zona di comfort, partecipare a eventi, convegni e incontri dove si discute di innovazione. Esistono organizzazioni come Your Group, Talent Garden, e altre che promuovono l’innovazione e facilitano il networking con professionisti e startup. Uscire dal proprio contesto è il primo passo per risolvere i problemi e prepararsi al cambiamento.