Chi è Luca Troso?
Aiuto le aziende a perfezionare la loro strategia e a renderla esecutiva in modo efficace, risolvendo uno dei problemi più comuni che si incontrano nella crescita organizzativa. Sono Global Partner di OKRs.com e autore del libro Evoluzione Culturale con gli OKR, un manuale pensato per agenti del cambiamento, HR e leader che vogliono mettere le persone al centro delle loro aziende.

Il mio obiettivo è far capire che l’innovazione e la crescita non possono prescindere da una trasformazione culturale. È solo valorizzando le persone, e non mettendo il processo al di sopra di esse, che le organizzazioni possono davvero fare la differenza.
Quali sono oggi le sfide più importanti per un’azienda?
Una delle sfide senz’altro è la trasparenza, prima di tutto interna, perché una mancanza in questo senso porta a scarsa comunicazione e condivisione di obiettivi.
Team che lavorano scollegati tra loro sono un rischio per l’impresa, infatti si potrebbe verificare un conflitto tra i team stessi. Con una comunicazione chiara tutti sono certi della direzione nella quale remare.
Non si tratta solo di avere obiettivi chiari, ma di assicurarsi che le persone siano al centro del processo decisionale e che i team si sentano parte integrante dell’evoluzione culturale aziendale.
Un altro problema è stabilire la corretta gerarchia di priorità da seguire. Se continuiamo a completare l’urgenza e basta, ci troveremo a correre a vuoto.
La tua sfida più grande quando arrivi in azienda?
La situazione più classica è ricevere una richiesta di consulenza quando tutto sta andando molto male. Quando, in altre parole, non si vedono altre speranze entro in gioco io. Purtroppo io, come tutti, non posseggo gli strumenti magici che risolvano tutto.
Ci sono contesti nei quali non posso operare. Il mio framework di lavoro prevede il confronto con i team e con i componenti dell’azienda. Se però l’impresa non lo fa, non è nella sua cultura, non posso operare. Prima è fondamentale iniziare da questo punto e poi arrivare passo passo alla soluzione.
La seconda sfida è quella di riuscire a far accettare all’impresa il fatto che dal confronto emergeranno difficoltà. Da questo è necessario iniziare, far finta di nulla rimanderà solo l’inevitabile.
Questo scambio non è solo uno strumento per risolvere problemi, ma è parte essenziale di una cultura aziendale basata sull’apprendimento continuo e sull’evoluzione condivisa.

Che differenza c’è tra OKR e KPI?
I KPI sono quantitativi mentre gli OKR sono qualitativi. Ciò significa che i KPI sono un numero mentre gli OKR ci fanno capire dove stiamo andando e come lo stiamo facendo. Non è affatto detto che siano collegati tra loro ma è possibile utilizzarli insieme perché non sono conflittuali.
I KPI diciamo che possiamo paragonarli ad una foto dello stato attuale della situazione ma non ci dicono come ci siamo arrivati.
Mentre i KPI fotografano lo stato attuale, gli OKR rappresentano una visione evolutiva, in cui l’apprendimento e l’adattamento sono continui. Sono parte integrante di un percorso che mira a trasformare l’azienda, non solo a misurarne le performance.
Come si individuano gli obiettivi da valutare?
Per stabilire gli obiettivi devo avere chiaro dove sono, quindi devo valutare la mia situazione attuale, la mia missione. Solo da qui si può formulare una giusta strategia per arrivare agli obiettivi.
Ovviamente tutto deve essere in linea con l’azienda e la sua situazione reale, altrimenti si rischia di finire su un piano ideale poco utile concretamente.
Questa metodologia si applica solo al management?
No, si deve applicare a tutti. Immaginiamo un meccanismo un po’ “a cascata” che deve coinvolgere ogni livello. Non sarebbe utile creare solo obiettivi per il management senza poi verificare la soluzione per chi si trova sul campo tutti i giorni.
Quanto tempo occorre per apprezzare i risultati?
Non esiste un tempo prefissato e ogni azienda fa storia a sé. Una cosa che puoi notare dopo pochi mesi è la produzione di idee in azienda. Lo scambio aumenta la capacità di risolvere problemi e trovare soluzioni nuove. Tutti remano nella stessa direzione.
Dopo qualche mese noteremo benefici più profondi, non solo sugli obiettivi ma su come agiscono le persone in azienda e si costruisce una cultura aziendale fondata sull’apprendimento continuo. Per impatti sul fatturato ci vuole più tempo, più probabilmente un anno o più.
Esistono casi nei quali metodologie diverse si adattano meglio a categorie particolari di aziende?
Alcuni dicono che si applicano a tutte le aziende ma io credo che senza una realtà nella quale il dialogo sia all’ordine del giorno sia meglio iniziare dalle basi.
Per questo in alcuni contesti inizio con gli obiettivi SMART, per un processo meno “traumatico” e più graduale. Il rischio di un’introduzione precoce è la confusione.
Un approccio centrato sulle persone non solo migliora l’efficacia operativa, ma contribuisce anche a costruire un ambiente più resiliente, dove i team sono più coinvolti e l’azienda è più forte di fronte alle difficoltà.
C’è un’azienda che ti è rimasta impressa?
Una realtà che mi ha molto colpito è una specializzata su viaggi dedicati al mondo del surf. Anche se non lo pratico mi ha permesso di conoscere e approfondire una cultura molto lontana da me che, però, si è rivelata interessante e piena di spunti, soprattutto sulla natura.