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Forum Industria digitale: domani a Brescia

Il 5 febbraio il Brixia Forum di Brescia ospiterà il Forum Industria Digitale, un evento dedicato alle tecnologie più avanzate nel settore manifatturiero. Organizzato da Messe Frankfurt Italia in collaborazione con Gruppo Meccatronica e Gruppo Software Industriale di Anie Automazione, il forum rappresenta un’occasione per esplorare le ultime innovazioni in automazione, intelligenza artificiale e sostenibilità. Tecnologia e interconnessione al centro dell’evento L’evento si articolerà in tre sessioni tematiche, affrontando i temi della progettazione, integrazione e interconnessione nelle industrie digitali. Attraverso convegni e dimostrazioni pratiche, i partecipanti potranno conoscere strumenti e strategie per migliorare efficienza, produttività e competitività. Una delle novità di questa edizione è il Plug-Fest OPC UA, un’area espositiva dedicata allo standard di comunicazione OPC UA. Qui verranno presentate soluzioni reali per l’interoperabilità tra sistemi di automazione di diversi produttori, con demo live su gestione energetica, controllo dati e comunicazione tra macchinari. Spazi espositivi Oltre ai convegni, il Forum offrirà uno spazio espositivo con la partecipazione di aziende leader del settore, tra cui B&R Automazione Industriale, Beckhoff Automation, Omron Electronics, Schneider Electric, Sick, Rockwell Automation e molte altre. L’evento è gratuito, ma è necessaria l’iscrizione sul sito ufficiale. Inoltre, gli ingegneri iscritti all’Ordine della Provincia di Brescia potranno ottenere 3 CFP per la partecipazione. Per maggiori informazioni e il programma completo, visita il sito del Forum.

Fincantieri ancora una volta Top Employer

Fincantieri, uno dei principali attori globali nella cantieristica navale, ha ricevuto per il quarto anno consecutivo la certificazione “Top Employer Italia“, un riconoscimento che conferma l’azienda come eccellenza italiana anche nel campo delle politiche del lavoro e della gestione delle risorse umane. La certificazione “Top Employer Italia” La certificazione viene assegnata dal Top Employers Institute, un ente indipendente che valuta le aziende di tutto il mondo sulla base di criteri rigorosi. Tra i parametri analizzati figurano lo sviluppo delle competenze, il benessere dei dipendenti, la formazione continua e l’attenzione alle politiche di inclusività. Nel caso di Fincantieri, l’istituto ha riconosciuto un impegno costante nell’ottimizzazione dei processi HR, che ha consentito al gruppo di distinguersi come un modello di riferimento. L’importanza del riconoscimento Essere certificati “Top Employer” rappresenta per Fincantieri un traguardo significativo in un contesto produttivo nazionale e internazionale sempre più competitivo. Il riconoscimento attesta non solo l’eccellenza nelle pratiche di gestione del personale, ma anche la capacità di attrarre e trattenere talenti, elemento fondamentale per un settore complesso come quello della cantieristica. In Italia, solo un numero ristretto di aziende riceve questa certificazione, rendendo il risultato di Fincantieri ancora più rilevante. Questo successo si inserisce in un panorama economico che valorizza sempre più le realtà capaci di coniugare produttività e benessere dei dipendenti. E nel mondo? Nel panorama internazionale, il settore della cantieristica navale è caratterizzato da una competizione serrata, in cui la capacità di innovare non si limita ai soli prodotti e processi, ma si estende anche alla gestione delle risorse umane. In questo contesto, il riconoscimento ottenuto da Fincantieri sottolinea il ruolo di leadership dell’azienda non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche come punto di riferimento per la valorizzazione del capitale umano. Un risultato che rafforza la posizione dell’Italia nel panorama industriale globale. Il contesto italiano L’ottenimento di questa certificazione da parte di Fincantieri rappresenta un segnale positivo per il tessuto produttivo italiano. In un periodo in cui molte aziende sono chiamate a confrontarsi con sfide legate alla digitalizzazione, alla sostenibilità e alla globalizzazione, Fincantieri dimostra come sia possibile raggiungere l’eccellenza combinando innovazione, attenzione ai dipendenti e visione strategica. Questo risultato non è solo una vittoria per l’azienda, ma testimonia il potenziale del “Made in Italy” come sinonimo di qualità, non solo nei prodotti ma anche nei processi aziendali. Uno sguardo al futuro La conferma per il quarto anno consecutivo come Top Employer Italia suggerisce che Fincantieri continuerà a investire in politiche del lavoro all’avanguardia. In un settore in continua evoluzione, mantenere standard elevati nella gestione delle risorse umane sarà cruciale per affrontare le sfide future e consolidare ulteriormente il ruolo di Fincantieri come eccellenza industriale italiana e globale.

Meccanica italiana: prospettive per il 2025

Un altro anno giunge al termine e le sfide che si avvicinano sono tante. In un contesto economico non semplice e con grandi adeguamenti da compiere cosa succederà nel 2025? Proviamo a tracciare un quadro più chiaro. Trasformazioni necessarie I prossimi anni saranno caratterizzati da una transizione ecologica e tecnologica. Infatti questi due binari guideranno l’evoluzione industriale per rendere tutto più efficiente. La meccanica italiana, che da sola rappresenta circa il 10% del PIL industriale nazionale e offre lavoro a oltre 1,6 milioni di persone, è chiamata a rinnovarsi radicalmente per restare al passo con le richieste del mercato internazionale e delle normative europee in materia di sostenibilità. Il contesto normativo europeo, tratteggiato dal Green Deal e dai target di decarbonizzazione fissati per il 2030 e il 2050, impone standard sempre più stringenti. La digitalizzazione, d’altro canto, si pone come il mezzo per accelerare questa transizione, grazie all’adozione di tecnologie come l’IoT, l’intelligenza artificiale e la robotica avanzata, che consentono di ottimizzare i processi produttivi, ridurre i consumi energetici e limitare gli sprechi. Il ruolo della sostenibilità Gli incentivi e i progetti del PNRR sono un volano importante per la crescita e il cambiamento del modo di produrre e fare meccanica. Tuttavia, la sostenibilità non si limita all’efficienza energetica o alla riduzione delle emissioni di CO₂. Riguarda anche la gestione delle risorse, come l’acqua e i materiali, e l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione al riciclo. Un esempio virtuoso è rappresentato dalle aziende che hanno investito in macchinari più efficienti e tecnologie per il recupero dei materiali, riducendo al contempo i costi e aumentando la competitività. Queste pratiche stanno diventando la norma, piuttosto che l’eccezione, in un mercato sempre più orientato verso la sostenibilità come requisito fondamentale. Digitalizzazione e industria 5.0 Parallelamente, l’adozione di tecnologie digitali è il cuore pulsante della trasformazione del settore. La meccatronica, sintesi tra meccanica, elettronica e informatica, si sta affermando come il paradigma dominante. Attraverso l’automazione avanzata e la connettività, le aziende possono monitorare in tempo reale le proprie operazioni, prevedere guasti e ottimizzare l’intera catena produttiva. Un caso emblematico è rappresentato dall’introduzione di gemelli digitali (digital twins), modelli virtuali che simulano il comportamento reale di macchinari e impianti. Queste soluzioni non solo migliorano l’efficienza, ma permettono anche di testare innovazioni in un ambiente virtuale prima di implementarle fisicamente, riducendo i rischi e i costi associati. Un passo in avanti deciso che consente di avanzare con molta più sicurezza verso un futuro tecnologico importante. Le sfide del settore Il futuro presenta anche alcuni ostacoli che vanno superati per mantenere competitività nel tempo. Uno dei principali riguarda la carenza di competenze. La transizione digitale richiede personale altamente qualificato, ma il sistema formativo non sempre riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze delle imprese. Anche il contesto economico e geopolitico internazionale rappresenta un’incognita. La dipendenza dell’industria meccanica da mercati esteri, sia per l’export che per l’importazione di materie prime e componenti, rende il settore vulnerabile a crisi globali, come quelle causate dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina. Le proposte delle associazioni di categoria Anima Confindustria, che rappresenta oltre 60 associazioni del settore meccanico, ha tracciato una roadmap per sostenere il comparto in questo delicato momento storico. Tra le priorità evidenziate vi sono il sostegno all’internazionalizzazione, lo sviluppo di politiche energetiche sostenibili e l’ottimizzazione dell’utilizzo dei fondi del PNRR. L’obiettivo è creare un ecosistema industriale che possa competere sui mercati globali, garantendo al contempo un futuro sostenibile. Questo implica non solo investimenti in tecnologia, ma anche una maggiore attenzione alle competenze e alla formazione, con programmi specifici per giovani e professionisti del settore. Eccellenze italiane e best practices In questo scenario, alcune aziende italiane si distinguono per la loro capacità di innovare e affrontare le sfide della transizione. Ad esempio, nel settore delle macchine utensili, molte imprese stanno adottando soluzioni integrate basate sull’intelligenza artificiale per ottimizzare la produzione e ridurre l’impatto ambientale. Un’altra storia di successo riguarda i compressori industriali, dove aziende leader stanno investendo in tecnologie di recupero del calore e in sistemi di controllo digitali per migliorare l’efficienza energetica. Questi esempi non solo dimostrano la vitalità del settore, ma rappresentano anche un modello da seguire per altre realtà imprenditoriali.

Investimenti privati in Italia: arriva Microsoft

Gli investimenti sul suolo italiano sono un tema molto discusso. Spesso si fa riferimento allo stivale come un luogo nel quale è difficile attrarre capitali e, in parte, è così. Eppure qualcosa si sta muovendo. Microsoft porta in Italia più 4 miliardi Come tutti sappiamo, le infrastrutture è fondamentale per sviluppare il futuro del paese e per questo l’azienda di Redmond si concentra principalmente su questo. Come possiamo notare analizzando la mappa, esistono diverse aree del Paese che soffrono la mancanza di infrastrutture adeguate, non solo nel Sud Italia.. Ciò significa che una rivoluzione come quella dell’AI che richiede connessione stabile e servizi efficienti ha bisogno di un salto di qualità per essere sfruttata veramente. Ecco quindi che un investimento di questa portata può aiutare a muoversi nella giusta direzione. Di cosa si tratta Microsoft vuole sviluppare quella che viene chiamata CloudRegionNorth, vale a dire un grandissimo Data Center pronto per affrontare importanti sfide, non solo sul suolo italiano.. Infatti il ruolo chiave si giocherà non solo nel Mediterraneo ma anche in Nord Africa con l’importante compito di portare avanti un piano di collaborazione con il Sud del mondo. “Questo investimento storico rafforza ulteriormente il nostro impegno di lunga data per la trasformazione digitale dell’Italia. Ampliando l’accesso alla nostra tecnologia e promuovendo una diffusione delle competenze in materia di intelligenza artificiale, vogliamo fornire al Governo italiano, alle imprese e alla forza lavoro gli strumenti per costruire un’economia guidata dall’intelligenza artificiale che crei occupazione e prosperità.” Così si è espresso Brad Smith, presidente di Microsoft. Ma c’è dell’altro Se l’infrastruttura è un punto chiave, un potenziale volano per l’economia visto le capacità di rendere più accessibile la rete e l’AI, esiste anche un altro aspetto sul quale bisogna lavorare. Si tratta della formazione, perché uno strumento senza la capacità di utilizzarlo non serve poi a molto. Le previsioni di Microsoft parlano di circa un milione di persone formate nei prossimi anni. Si andrà ad agire prima su chi è più a rischio di rimanere disoccupato nel futuro, in modo da aumentare il loro valore sul mercato. Investimenti pubblici in Italia Analizziamo qualche dato che riguarda gli investimenti pubblici nel digitale. Ricordiamo il più grande piano di investimenti sulla digitalizzazione delle imprese negli ultimi anni. Parliamo di Transizione 4.0 che ha stanziato circa 24 miliardi di euro dal 2020 ad oggi, prima di essere sostituito. Le caratteristiche erano le seguenti: Budget totale 2020-2024: 24 miliardi di euroCrediti d’imposta per: Una parte importante del PNNR è destinata al digitale, vediamo i dettagli: Dati ufficiali Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: Budget totale per digitalizzazione: 40,29 miliardi di euroPrincipali allocazioni: Investimenti privati Uno dei principali freni all’investimento privato estero è quello dell’incertezza normativa. Questo fa sì che si pensi con molta attenzione prima di entrare nel Paese perché oggi un incentivo potrebbe non essere riconfermato e quindi la situazione iniziale di convenienza potrebbe venire stravolta. Il secondo punto è la sostenibilità del debito italiano che va tenuta sotto controllo per limitare possibili effetti negativi come aumento dello spread. Un Paese stabile attrae più capitali di uno con una situazione istituzionale molto instabile.

Parliamo di OKR con Luca Troso

Chi è Luca Troso? Aiuto le aziende a perfezionare la loro strategia e a renderla esecutiva in modo efficace, risolvendo uno dei problemi più comuni che si incontrano nella crescita organizzativa. Sono Global Partner di OKRs.com e autore del libro Evoluzione Culturale con gli OKR, un manuale pensato per agenti del cambiamento, HR e leader che vogliono mettere le persone al centro delle loro aziende. Il mio obiettivo è far capire che l’innovazione e la crescita non possono prescindere da una trasformazione culturale. È solo valorizzando le persone, e non mettendo il processo al di sopra di esse, che le organizzazioni possono davvero fare la differenza. Quali sono oggi le sfide più importanti per un’azienda? Una delle sfide senz’altro è la trasparenza, prima di tutto interna, perché una mancanza in questo senso porta a scarsa comunicazione e condivisione di obiettivi. Team che lavorano scollegati tra loro sono un rischio per l’impresa, infatti si potrebbe verificare un conflitto tra i team stessi. Con una comunicazione chiara tutti sono certi della direzione nella quale remare. Non si tratta solo di avere obiettivi chiari, ma di assicurarsi che le persone siano al centro del processo decisionale e che i team si sentano parte integrante dell’evoluzione culturale aziendale. Un altro problema è stabilire la corretta gerarchia di priorità da seguire. Se continuiamo a completare l’urgenza e basta, ci troveremo a correre a vuoto. La tua sfida più grande quando arrivi in azienda? La situazione più classica è ricevere una richiesta di consulenza quando tutto sta andando molto male. Quando, in altre parole, non si vedono altre speranze entro in gioco io. Purtroppo io, come tutti, non posseggo gli strumenti magici che risolvano tutto. Ci sono contesti nei quali non posso operare. Il mio framework di lavoro prevede il confronto con i team e con i componenti dell’azienda. Se però l’impresa non lo fa, non è nella sua cultura, non posso operare. Prima è fondamentale iniziare da questo punto e poi arrivare passo passo alla soluzione.  La seconda sfida è quella di riuscire a far accettare all’impresa il fatto che dal confronto emergeranno difficoltà. Da questo è necessario iniziare, far finta di nulla rimanderà solo l’inevitabile. Questo scambio non è solo uno strumento per risolvere problemi, ma è parte essenziale di una cultura aziendale basata sull’apprendimento continuo e sull’evoluzione condivisa. Che differenza c’è tra OKR e KPI? I KPI sono quantitativi mentre gli OKR sono qualitativi. Ciò significa che i KPI sono un numero mentre gli OKR ci fanno capire dove stiamo andando e come lo stiamo facendo. Non è affatto detto che siano collegati tra loro ma è possibile utilizzarli insieme perché non sono conflittuali. I KPI diciamo che possiamo paragonarli ad una foto dello stato attuale della situazione ma non ci dicono come ci siamo arrivati.  Mentre i KPI fotografano lo stato attuale, gli OKR rappresentano una visione evolutiva, in cui l’apprendimento e l’adattamento sono continui. Sono parte integrante di un percorso che mira a trasformare l’azienda, non solo a misurarne le performance. Come si individuano gli obiettivi da valutare? Per stabilire gli obiettivi devo avere chiaro dove sono, quindi devo valutare la mia situazione attuale, la mia missione. Solo da qui si può formulare una giusta strategia per arrivare agli obiettivi.  Ovviamente tutto deve essere in linea con l’azienda e la sua situazione reale, altrimenti si rischia di finire su un piano ideale poco utile concretamente.  Questa metodologia si applica solo al management? No, si deve applicare a tutti. Immaginiamo un meccanismo un po’ “a cascata” che deve coinvolgere ogni livello. Non sarebbe utile creare solo obiettivi per il management senza poi verificare la soluzione per chi si trova sul campo tutti i giorni. Quanto tempo occorre per apprezzare i risultati? Non esiste un tempo prefissato e ogni azienda fa storia a sé. Una cosa che puoi notare dopo pochi mesi è la produzione di idee in azienda. Lo scambio aumenta la capacità di risolvere problemi e trovare soluzioni nuove. Tutti remano nella stessa direzione.  Dopo qualche mese noteremo benefici più profondi, non solo sugli obiettivi ma su come agiscono le persone in azienda e si costruisce una cultura aziendale fondata sull’apprendimento continuo. Per impatti sul fatturato ci vuole più tempo, più probabilmente un anno o più. Esistono casi nei quali metodologie diverse si adattano meglio a categorie particolari di aziende? Alcuni dicono che si applicano a tutte le aziende ma io credo che senza una realtà nella quale il dialogo sia all’ordine del giorno sia meglio iniziare dalle basi. Per questo in alcuni contesti inizio con gli obiettivi SMART, per un processo meno “traumatico” e più graduale. Il rischio di un’introduzione precoce è la confusione. Un approccio centrato sulle persone non solo migliora l’efficacia operativa, ma contribuisce anche a costruire un ambiente più resiliente, dove i team sono più coinvolti e l’azienda è più forte di fronte alle difficoltà. C’è un’azienda che ti è rimasta impressa? Una realtà che mi ha molto colpito è una specializzata su viaggi dedicati al mondo del surf. Anche se non lo pratico mi ha permesso di conoscere e approfondire una cultura molto lontana da me che, però, si è rivelata interessante e piena di spunti, soprattutto sulla natura.

Data center in Italia: aumentano gli investimenti

Inutile negarlo, i dati sono il petrolio del tempo nel quale viviamo e gestirli nel modo corretto è diventata non solo importante ma anche un’esigenza imprescindibile per il Paese. Negli ultimi anni l’Italia sembra attrarre diversi investimenti. Data 4 investe in Italia Data 4, una delle maggiori aziende europee di infrastrutture digitali, ha mostrato interesse nel Paese decidendo di ampliare in modo significativo la propria presenza. Questo investimento non rappresenta solo un’espansione della loro capacità, ma un segnale dell’importanza strategica che l’Italia sta acquisendo nel settore delle tecnologie digitali. Il Cloud è una tecnologia sempre più richiesta dalle aziende e gli incentivi alla Transizione 5.0 non fanno che spingere ancora di più la domanda. Il piano di investimenti Il piano di Data 4 in Italia è ambizioso e prevede una strategia a lungo termine. L’azienda ha pianificato investimenti per oltre un miliardo di euro nei prossimi anni, con l’obiettivo di espandere notevolmente le sue infrastrutture. Milano e Roma sono i principali poli di interesse, grazie alla loro posizione geografica e al dinamismo economico che le caratterizza. Data 4 mira non solo a potenziare i data center esistenti, ma anche a costruirne di nuovi, dotati delle tecnologie più avanzate per la gestione e la protezione dei dati. Questo permetterà di supportare la trasformazione digitale di molte imprese italiane e di attrarre clienti internazionali interessati a soluzioni di alta qualità. Perché i data center sono importanti I data center rappresentano il cuore pulsante della moderna economia digitale. Sono essenziali per il funzionamento di una vasta gamma di servizi tecnologici, dall’hosting di siti web all’elaborazione di grandi quantità di dati per applicazioni di intelligenza artificiale, fino al supporto delle piattaforme di cloud computing. La loro funzione principale è quella di fornire un’infrastruttura stabile e sicura per la gestione e la conservazione dei dati, che sono diventati uno degli asset più preziosi per le aziende di tutto il mondo. Perché l’Italia è attraente da questo punto di vista L’Italia sta emergendo come un mercato sempre più attraente per gli investitori nel settore dei data center per diversi motivi. La sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo facilita la connessione con altre regioni d’Europa, del Medio Oriente e dell’Africa, rendendola un nodo di scambio ideale per i flussi di dati internazionali. Inoltre, il crescente impegno del governo italiano nel promuovere la digitalizzazione e nel migliorare le infrastrutture del Paese sta creando un ambiente favorevole per gli investimenti. L’incremento della domanda di servizi digitali da parte di imprese e istituzioni, insieme alla disponibilità di energia rinnovabile e a costi competitivi rispetto ad altri paesi europei, rende l’Italia un’opzione interessante per le aziende che cercano di espandere la loro capacità di data center in Europa. Il mercato europeo dei data center In Europa, il mercato dei data center sta vivendo una crescita senza precedenti. Secondo gli ultimi dati, il valore complessivo degli investimenti nel settore ha superato i 48 miliardi di euro nel 2023, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Le principali aree di sviluppo includono i Paesi Bassi, il Regno Unito, la Germania e la Francia, oltre alla già citata Italia. Questi dati non fanno che confermare che, con l’arrivo dell’IA, la richiesta di data center sarà sempre maggiore e richiederà sviluppi ingenti in tempi brevi.

Manifattura Italia: non si arresta il trend negativo

I settori manifatturieri in Italia e Turchia hanno continuato ad affrontare sfide significative a giugno, come indicato dai recenti rapporti sul Purchasing Managers‘ Index (PMI). Queste contrazioni evidenziano le pressioni economiche in corso e le incertezze che influenzano le attività industriali in entrambi i paesi. Le ragioni del calo Il settore manifatturiero italiano ha registrato un altro mese di contrazione, segnalando difficoltà persistenti per l’industria. Il PMI per la manifattura italiana, un indicatore critico della salute economica del settore, ha mostrato un calo a giugno. Questo segna una continua tendenza di riduzione della produzione industriale e della domanda. La contrazione sostenuta è attribuita a diversi fattori, tra cui la diminuzione degli ordini domestici e internazionali, l’aumento dei costi di produzione e le interruzioni della catena di approvvigionamento. Queste sfide hanno portato i produttori a ridurre la produzione e a rivedere le loro prospettive economiche. Gli economisti esprimono preoccupazione per il fatto che la prolungata contrazione potrebbe avere implicazioni più ampie per la ripresa economica complessiva dell’Italia. Il settore manifatturiero rappresenta una componente sostanziale dell’economia nazionale e le sue difficoltà potrebbero ostacolare le prospettive di crescita più ampie. Cosa aspettarsi? Allo stesso modo, l’attività manifatturiera della Turchia ha subito una ulteriore contrazione a giugno, riflettendo le difficoltà economiche in corso. I dati PMI più recenti indicano un calo, sottolineando le difficoltà persistenti affrontate dai produttori turchi. La continua contrazione dell’attività manifatturiera in Italia e Turchia sottolinea le sfide più ampie affrontate dalle industrie globali in mezzo alle incertezze economiche. Le questioni della catena di approvvigionamento, l’aumento dei costi e i fattori geopolitici sono temi comuni che influenzano i produttori di tutto il mondo. Guardando al futuro, entrambi i paesi potrebbero dover adottare misure strategiche per supportare i loro settori manifatturieri. Questo potrebbe includere politiche per stabilizzare i costi di produzione, incentivi per stimolare la domanda interna e internazionale e iniziative per migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento. La contrazione sostenuta del PMI manifatturiero per Italia e Turchia serve come un chiaro promemoria della fragilità del panorama economico attuale. Un monitoraggio attento e strategie reattive saranno cruciali per navigare in questi tempi difficili e promuovere un percorso verso la ripresa.

Farmaceutico: il traino dell’industria italiana

Dall’assemblea di Farmindustria a Roma arriva un quadro confortante di quella che è un’industria di rilievo non solo nazionale ma anche internazionale. Infatti si tratta di un comparto che non ha conosciuto crisi nell’ultimo decennio. Un’eccellenza Secondo Farmindustria, tra il 2021 e il 2023, l’Italia ha raggiunto il primo posto a livello mondiale per l’incremento delle esportazioni farmaceutiche, toccando i 49 miliardi di euro nel 2023​. Questo risultato evidenzia l’importanza strategica del settore, che ha visto una crescita significativa anche in termini di produzione totale, attestandosi a 52 miliardi di euro​. Innovazione e investimenti L’industria farmaceutica in Italia è caratterizzata da alti livelli di innovazione e investimenti significativi in ricerca e sviluppo (R&S). Con un investimento di 2 miliardi di euro in R&S, il settore dimostra un impegno costante nella ricerca di soluzioni terapeutiche avanzate e nella personalizzazione delle cure. Questo è testimoniato anche dall’aumento del 35% nelle domande di brevetto negli ultimi cinque anni, superando la media europea del 23%​. Sfide e prospettive future Nonostante i successi, l’industria farmaceutica italiana deve affrontare diverse sfide, sia a livello nazionale che europeo. La competizione globale richiede politiche rapide ed efficaci per mantenere la competitività e attrarre investimenti. Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria, ha sottolineato l’importanza di una governance moderna e di un sistema regolatorio che supporti l’innovazione e riduca i tempi di accesso ai nuovi farmaci​​.

Parliamo di facilitazione con Andrea Romoli

Chi è Andrea Romoli? Da due anni e mezzo sono facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY®, in precedenza ho ottenuto due certificazioni: Design Thinking e Design Sprint.  Negli anni precedenti ho avuto esperienze tecniche di vario tipo come sistemista e ruoli affini. Ho organizzato il Mashable Social Media Day, partito da una partecipazione di nicchia si è trasformato in un evento con più di cento speaker. Poi ho conosciuto Fabrizio Faraco con il quale organizzavamo eventi. Lui era già facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY® e mi ha trasmesso la sua passione per la materia. Da lì le cose si sono evolute e lo sono diventato anche io. Che ruolo ha un facilitatore? Si tratta di un professionista neutrale rispetto al team che partecipa al workshop e cerca di favorire un clima che porti a delle soluzioni ai problemi aziendali. Si tratta di un ruolo non sempre semplice. A che tipo di settori si può applicare? La metodologia è senza contenuto, quindi è possibile applicarla a tutti i settori senza limitazioni. Anche nel manifatturiero può essere applicato e questo rende il metodo estremamente versatile. Il kit varia a seconda della situazione e della durata del workshop.  Quanto è stata utile la tua esperienza pregressa? Gestire team, organizzare eventi è utile ma ciò che mi ha dato più strumenti è proprio il training per arrivare a diventare facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY®. Senza adeguata formazione sarebbe impossibile svolgere il proprio lavoro con profitto. Come si organizza un workshop di successo? Serve una location adeguata alle dimensioni dell’evento ma anche il numero giusto di partecipanti. Per questo bisogna essere disposti a pubblicizzare adeguatamente l’evento. In questo senso la mia presenza social aiuta moltissimo a creare il giusto seguito. Strutturare il workshop correttamente rispetto agli argomenti, alla durata e alle pause per permettere di assimilare tutto agli utenti.  Quali sono stati gli eventi che ti sono rimasti più eventi? Il workshop per diventare Facilitatore è stata un’esperienza incredibile perché ti mette alla prova in molti modi e ti permette di conoscere te stesso in modi che non pensavi.  C’è stato un progetto particolare nel quale sei stato coinvolto? Una startup che ha ottenuto un grande finanziamento che aveva un grande problema di comunicazione tra le sedi aziendali nei diversi Paesi. Abbiamo quindi organizzato un workshop per elaborare una strategia di comunicazione interna. Durante l’evento hanno quindi individuato molti problemi che non sapevano di avere. Si può applicare successivamente quanto imparato? Quando hai imparato i principi guida durante l’evento li puoi seguire sempre. Se hai bisogno di avere un facilitatore in azienda puoi far intraprendere questo percorso ad un collaboratore. Ma si tratta di un percorso lungo e difficile.  Cosa impari dalle aziende nel corso del tuo lavoro? Ogni occasione permette di affinare le mie competenze per svolgere il ruolo al meglio. Ogni azienda ha il suo modo di affrontare i problemi e le sue procedure. Per questo è necessario comprendere al meglio il contesto nel quale si applica il processo. Gli altri metodi che conosci in che contesti si applicano? Design Sprint e Design Thinking si applicano bene nell’ambito startup ma possono anche essere applicati in contesti differenti. L’importante è che si bilanci correttamente la parte pratica da quella teorica o si corre il rischio di non assimilare correttamente i concetti.  L’IA che ruolo potrà avere nel tuo campo? Probabilmente in parte verrà toccato dall’arrivo di una tecnologia così importante. Nel breve periodo non credo però che vedremo novità eclatanti. Sicuramente potrà aiutarci intervenendo sulla costruzione del workshop.  L’ambiente startup italiano in che situazione è? Senz’altro si tratta di un ambiente vivace ma non è facile riuscire ad emergere in un contesto come quello italiano. Stanno nascendo iniziative anche delle istituzioni per facilitare l’accesso al credito, soprattutto a Milano. Staremo a vedere nei prossimi anni in che direzione andrà.

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