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Come ottenere incentivi per i software con Transizione 5.0

Software e transizione 5.0: come sfruttare gli incentivi per i software ERP La transizione 5.0 è ormai realtà, da agosto gli incentivi sono disponibili. Un elemento centrale di questa trasformazione è l’adozione di software avanzati, come gli ERP (Enterprise Resource Planning), che consentono di ottimizzare i processi aziendali e aumentare la produttività. Grazie agli incentivi messi a disposizione dal governo italiano, è possibile ridurre significativamente i costi legati a queste implementazioni. Ma come possiamo accedere? Credito d’imposta: uno strumento chiave Il Piano Transizione 5.0 prevede l’erogazione di crediti d’imposta per incentivare gli investimenti in beni immateriali, come i software ERP. Questo strumento agevolativo è un ottimo modo per recuperare una parte dell’investimento. Nello specifico, l’entità del credito varia in base alla tipologia di investimento e alle dimensioni dell’impresa, con aliquote che possono arrivare fino al 20% del costo sostenuto. Requisiti e procedure L’accesso ai benefici fiscali è regolato da precisi criteri che vanno rispettati per poter ottenere l’agevolaizone. Il software deve essere conforme agli standard di Industria 5.0, garantendo quindi integrazione, interoperabilità e sicurezza. Inoltre, l’investimento deve essere documentato attraverso fatture e contratti dettagliati. È essenziale compilare una perizia tecnica che certifichi la compatibilità del software con i requisiti richiesti. Tale documento deve essere redatto da un professionista abilitato e costituisce una parte integrante della domanda per il credito d’imposta. Come massimizzare i vantaggi Per ottimizzare l’accesso agli incentivi non è da escludere la possibilità di affidarsi alla professionalità di un consulente che possa aiutarci a seguire correttamente l’iter. Si tratta di procedure che richiedono un minimo di esperienza e senz’altro potrebbe essere meglio essere affiancati. Una strategia per il futuro L’adozione di software ERP, sostenuta dagli incentivi del Piano Transizione 5.0, non è solo un’opportunità di risparmio immediato, ma rappresenta un investimento strategico per il futuro. Le imprese che sapranno sfruttare questi strumenti non solo miglioreranno la propria efficienza operativa, ma saranno anche meglio preparate ad affrontare le sfide di un mercato sempre più competitivo e sostenibile.

Investimenti privati in Italia: arriva Microsoft

Gli investimenti sul suolo italiano sono un tema molto discusso. Spesso si fa riferimento allo stivale come un luogo nel quale è difficile attrarre capitali e, in parte, è così. Eppure qualcosa si sta muovendo. Microsoft porta in Italia più 4 miliardi Come tutti sappiamo, le infrastrutture è fondamentale per sviluppare il futuro del paese e per questo l’azienda di Redmond si concentra principalmente su questo. Come possiamo notare analizzando la mappa, esistono diverse aree del Paese che soffrono la mancanza di infrastrutture adeguate, non solo nel Sud Italia.. Ciò significa che una rivoluzione come quella dell’AI che richiede connessione stabile e servizi efficienti ha bisogno di un salto di qualità per essere sfruttata veramente. Ecco quindi che un investimento di questa portata può aiutare a muoversi nella giusta direzione. Di cosa si tratta Microsoft vuole sviluppare quella che viene chiamata CloudRegionNorth, vale a dire un grandissimo Data Center pronto per affrontare importanti sfide, non solo sul suolo italiano.. Infatti il ruolo chiave si giocherà non solo nel Mediterraneo ma anche in Nord Africa con l’importante compito di portare avanti un piano di collaborazione con il Sud del mondo. “Questo investimento storico rafforza ulteriormente il nostro impegno di lunga data per la trasformazione digitale dell’Italia. Ampliando l’accesso alla nostra tecnologia e promuovendo una diffusione delle competenze in materia di intelligenza artificiale, vogliamo fornire al Governo italiano, alle imprese e alla forza lavoro gli strumenti per costruire un’economia guidata dall’intelligenza artificiale che crei occupazione e prosperità.” Così si è espresso Brad Smith, presidente di Microsoft. Ma c’è dell’altro Se l’infrastruttura è un punto chiave, un potenziale volano per l’economia visto le capacità di rendere più accessibile la rete e l’AI, esiste anche un altro aspetto sul quale bisogna lavorare. Si tratta della formazione, perché uno strumento senza la capacità di utilizzarlo non serve poi a molto. Le previsioni di Microsoft parlano di circa un milione di persone formate nei prossimi anni. Si andrà ad agire prima su chi è più a rischio di rimanere disoccupato nel futuro, in modo da aumentare il loro valore sul mercato. Investimenti pubblici in Italia Analizziamo qualche dato che riguarda gli investimenti pubblici nel digitale. Ricordiamo il più grande piano di investimenti sulla digitalizzazione delle imprese negli ultimi anni. Parliamo di Transizione 4.0 che ha stanziato circa 24 miliardi di euro dal 2020 ad oggi, prima di essere sostituito. Le caratteristiche erano le seguenti: Budget totale 2020-2024: 24 miliardi di euroCrediti d’imposta per: Una parte importante del PNNR è destinata al digitale, vediamo i dettagli: Dati ufficiali Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: Budget totale per digitalizzazione: 40,29 miliardi di euroPrincipali allocazioni: Investimenti privati Uno dei principali freni all’investimento privato estero è quello dell’incertezza normativa. Questo fa sì che si pensi con molta attenzione prima di entrare nel Paese perché oggi un incentivo potrebbe non essere riconfermato e quindi la situazione iniziale di convenienza potrebbe venire stravolta. Il secondo punto è la sostenibilità del debito italiano che va tenuta sotto controllo per limitare possibili effetti negativi come aumento dello spread. Un Paese stabile attrae più capitali di uno con una situazione istituzionale molto instabile.

Autonomia differenziata: un vantaggio per l’impresa?

PIL secondo trimestre 2024

Dopo molte proteste e giornate tese in parlamento, alla fine è arrivato il momento di attuare la legge sull’autonomia differenziata. L’obiettivo teorico è quello di permettere alle regioni di assumere competenze specifiche in alcuni ambiti. Alcune regioni, considerate più efficienti nella gestione delle risorse, possano richiedere di amministrare direttamente settori chiave come sanità, istruzione, trasporti, ambiente, e pianificazione territoriale​. L’amministrazione locale, in via teorica, è più vicina ai problemi dei cittadini e, quindi, può agire con più cognizione di causa dello stato centrale. La riforma punta a promuovere una maggiore responsabilità regionale e, allo stesso tempo, a ridurre l’intervento diretto dello Stato nelle questioni locali. Le proteste si sono concentrate soprattutto sui timori di un aumento del divario economico tra Nord e Sud causato da una diversa gestione delle entrate per regione. Caratteristiche principali: Quali sono i vantaggi per le imprese? A livello teorico l’autonomia differenziata potrebbe offrire vantaggi anche per le imprese, nel lungo periodo. Infatti le Regioni potrebbero affinare alcune procedure nel lungo periodo beneficiando delle competenze aggiuntive. Ecco alcuni potenziali vantaggi: Chiaro è che, per ora, si tratta di un quadro potenziale che andrà verificato nel corso del tempo per comprendere meglio come evolverà la situazione reale. Come verrà applicata? Il processo di applicazione dell’autonomia differenziata è articolato e richiede diversi passaggi istituzionali. In primo luogo, la Regione interessata deve fare una richiesta formale al Governo, specificando quali competenze desidera ottenere. Una volta avviato il negoziato tra Regione e Stato, si arriva a un’intesa bilaterale, che dovrà poi essere approvata dal Parlamento. Uno dei punti critici è il rischio di frammentazione legislativa: le Regioni potrebbero approvare normative diverse che renderebbero complicato per le imprese operare su più territori nello stesso Stato. Un altro rischio riguarda l’aumento delle tasse locali, che potrebbero essere incrementate per compensare i minori trasferimenti statali. Purtroppo questa non è un’ipotesi remota ed è stata già osservata nel corso degli anni in Paesi che hanno adottato simili politiche.

DDL concorrenza: novità per le startup

Il nuovo DDL del governo ha aggiornato anche, tra le altre cose, i parametri per le startup innovative. Vediamo insieme che cosa cambia rispetto a prima. Nuovi parametri Rientrano nella definizione di startup innovativa tutte quelle aziende micro, piccole o medie che entro 2 anni dall’iscrizione nel Registro speciale avranno un capitale sociale di 20 mila euro e almeno un dipendente. Se operanti in settori ritenuti strategici potranno mantenere la ragione sociale per 7 anni invece ce 5. Chi fonda una startup innovativa gode di vantaggi anche a livello fiscale e di accesso al credito. Questo per agevolarne lo sviluppo in tempi brevi. Previste maglie più larghe per il riconoscimento di incubatori certificati, sempre con lo scopo di agevolare il flusso di denaro verso l’innovazione. Qualche numero Ad oggi esistono 12.871 startup innovative in Italia, esse rappresentano circa 3,35% del tessuto produttivo del Paese. La media di capitale sociale si attesta sugli 89.000€. Il numero di startup innovative è in decrescita dal 2023 ma in realtà potrebbe anche essere un segnale positivo per l’economia italiana. Infatti nello stesso periodo è aumentato il numero di PMI innovative, vale a dire il passo successivo nell’evoluzione delle startup. Per quanto riguarda i campi principali possiamo dire che prevale quello dei servizi alle imprese con un solido 78,5% del totale con particolare attenzione a consulenze e software per le aziende.

Manifattura Italia: non si arresta il trend negativo

I settori manifatturieri in Italia e Turchia hanno continuato ad affrontare sfide significative a giugno, come indicato dai recenti rapporti sul Purchasing Managers‘ Index (PMI). Queste contrazioni evidenziano le pressioni economiche in corso e le incertezze che influenzano le attività industriali in entrambi i paesi. Le ragioni del calo Il settore manifatturiero italiano ha registrato un altro mese di contrazione, segnalando difficoltà persistenti per l’industria. Il PMI per la manifattura italiana, un indicatore critico della salute economica del settore, ha mostrato un calo a giugno. Questo segna una continua tendenza di riduzione della produzione industriale e della domanda. La contrazione sostenuta è attribuita a diversi fattori, tra cui la diminuzione degli ordini domestici e internazionali, l’aumento dei costi di produzione e le interruzioni della catena di approvvigionamento. Queste sfide hanno portato i produttori a ridurre la produzione e a rivedere le loro prospettive economiche. Gli economisti esprimono preoccupazione per il fatto che la prolungata contrazione potrebbe avere implicazioni più ampie per la ripresa economica complessiva dell’Italia. Il settore manifatturiero rappresenta una componente sostanziale dell’economia nazionale e le sue difficoltà potrebbero ostacolare le prospettive di crescita più ampie. Cosa aspettarsi? Allo stesso modo, l’attività manifatturiera della Turchia ha subito una ulteriore contrazione a giugno, riflettendo le difficoltà economiche in corso. I dati PMI più recenti indicano un calo, sottolineando le difficoltà persistenti affrontate dai produttori turchi. La continua contrazione dell’attività manifatturiera in Italia e Turchia sottolinea le sfide più ampie affrontate dalle industrie globali in mezzo alle incertezze economiche. Le questioni della catena di approvvigionamento, l’aumento dei costi e i fattori geopolitici sono temi comuni che influenzano i produttori di tutto il mondo. Guardando al futuro, entrambi i paesi potrebbero dover adottare misure strategiche per supportare i loro settori manifatturieri. Questo potrebbe includere politiche per stabilizzare i costi di produzione, incentivi per stimolare la domanda interna e internazionale e iniziative per migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento. La contrazione sostenuta del PMI manifatturiero per Italia e Turchia serve come un chiaro promemoria della fragilità del panorama economico attuale. Un monitoraggio attento e strategie reattive saranno cruciali per navigare in questi tempi difficili e promuovere un percorso verso la ripresa.

Farmaceutico: il traino dell’industria italiana

Dall’assemblea di Farmindustria a Roma arriva un quadro confortante di quella che è un’industria di rilievo non solo nazionale ma anche internazionale. Infatti si tratta di un comparto che non ha conosciuto crisi nell’ultimo decennio. Un’eccellenza Secondo Farmindustria, tra il 2021 e il 2023, l’Italia ha raggiunto il primo posto a livello mondiale per l’incremento delle esportazioni farmaceutiche, toccando i 49 miliardi di euro nel 2023​. Questo risultato evidenzia l’importanza strategica del settore, che ha visto una crescita significativa anche in termini di produzione totale, attestandosi a 52 miliardi di euro​. Innovazione e investimenti L’industria farmaceutica in Italia è caratterizzata da alti livelli di innovazione e investimenti significativi in ricerca e sviluppo (R&S). Con un investimento di 2 miliardi di euro in R&S, il settore dimostra un impegno costante nella ricerca di soluzioni terapeutiche avanzate e nella personalizzazione delle cure. Questo è testimoniato anche dall’aumento del 35% nelle domande di brevetto negli ultimi cinque anni, superando la media europea del 23%​. Sfide e prospettive future Nonostante i successi, l’industria farmaceutica italiana deve affrontare diverse sfide, sia a livello nazionale che europeo. La competizione globale richiede politiche rapide ed efficaci per mantenere la competitività e attrarre investimenti. Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria, ha sottolineato l’importanza di una governance moderna e di un sistema regolatorio che supporti l’innovazione e riduca i tempi di accesso ai nuovi farmaci​​.

Situazione startup in Italia

Il termine “startup” è emerso nella Silicon Valley degli anni ’90, utilizzato per descrivere piccole imprese tecnologiche con un alto potenziale di crescita e innovazione. Queste aziende erano orientate a rivoluzionare settori esistenti o crearne di nuovi attraverso l’innovazione tecnologica e modelli di business scalabili. Questo periodo prolifico ha visto la nascita di numerose aziende attirate dalle potenzialità del digitale. Evoluzioni recenti Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha registrato una notevole crescita nel numero di startup. Secondo i dati del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), al 2022 si contavano circa 14.708 startup innovative, con un aumento annuo del 28.8% dal 2013. Questo incremento è stato favorito da iniziative governative e da un crescente interesse verso l’innovazione e l’imprenditorialità. Unicorni italiani L’Italia può vantare alcune startup che hanno raggiunto lo status di “unicorno”, ovvero un valore di mercato superiore a un miliardo di dollari. Tra queste, Satispay e Scalapay sono tra le più note nel settore fintech. Nonostante questi successi, la crescita del settore non è semplice a causa dei costi del lavoro e della burocrazia, mentre in altri paesi le startup beneficiano di un accesso al capitale più rapido e conveniente. I Principali finanziatori di startup in Italia L’accesso al capitale è una delle principali sfide per le startup italiane. Tuttavia, esistono diversi attori sul mercato che offrono supporto finanziario. CDP Venture Capital, parte di Cassa Depositi e Prestiti, è uno dei principali finanziatori con numerosi fondi dedicati. Altri importanti investitori includono fondi di venture capital come United Ventures e 360 Capital. Negli ultimi anni, anche investitori internazionali hanno mostrato interesse per il mercato italiano, attratti dalle opportunità disponibili. Incentivi per le startup nel 2024 Anche nel 2024, il settore startup in Italia beneficia di vari incentivi volti a stimolare la crescita economica e lo sviluppo di competenze. L’iniziativa “Smart&Start Italia” offre contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per le startup innovative. Inoltre, il Fondo di Garanzia per le PMI facilita l’accesso al credito, riducendo i rischi per gli investitori. Queste misure sono progettate per rendere l’ecosistema startup italiano più competitivo a livello internazionale. Migliori settori per le startup in Italia Mentre le startup italiane si distribuiscono in vari settori, alcuni ambiti offrono maggiori opportunità di crescita. Il fintech, la tecnologia verde, la salute digitale e l’intelligenza artificiale sono tra i settori più interessanti, supportati da forti tendenze di mercato e da una crescente domanda di innovazione. Avviare un’impresa in questi settori può davvero contribuire a trasformare l’economia italiana. Nonostante le sfide, il panorama delle startup in Italia sta crescendo e maturando, sostenuto da iniziative governative, investitori locali e internazionali e settori in espansione. Con le giuste idee e supporti, le startup italiane hanno il potenziale per apportare cambiamenti significativi e positivi al paese.

Privatizzazione Eni al via

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha annunciato l’avvio della vendita di 91.965.735 azioni ordinarie di Eni SpA, equivalenti a circa il 2,8% del capitale sociale. Questa operazione mira a collocare le azioni presso investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali internazionali. Dopo questa vendita, la quota del Governo in Eni SpA scenderà sotto il 2%, rispetto all’attuale 4,797%. Tuttavia, il controllo pubblico della società sarà mantenuto grazie alla partecipazione di CDP (Cassa Depositi e Prestiti), di cui il MEF possiede il 28,503%. Prospettive Future delle Privatizzazioni Il Governo prevede ulteriori privatizzazioni in futuro, includendo potenzialmente società come Enav, Enel, Poste Italiane e Leonardo, oltre a Italgas, Terna, Snam e Fincantieri, attualmente detenute da CDP. Il Documento di Economia e Finanza (DEF) del 2023 prevede che queste cessioni contribuiranno a raccogliere l’1% del PIL entro tre anni, con un valore stimato di circa 20 miliardi di euro. Storia delle Privatizzazioni in Italia Il processo di privatizzazione in Italia ha preso slancio negli anni ’90, quando il governo ha lanciato un ampio programma per ridurre il debito pubblico e migliorare l’efficienza economica. Tra le prime e più rilevanti privatizzazioni vi è stata quella di Telecom Italia nel 1997, seguita da altre grandi aziende come ENI, Enel e Poste Italiane. Questi processi hanno permesso allo Stato di raccogliere importanti risorse finanziarie e di aumentare la concorrenza nei mercati. Tuttavia, le privatizzazioni sono state spesso al centro di dibattiti e polemiche.

Produzione acciaio: Europa e Italia indietro

Il mondo della produzione siderurgica dedicata all’acciaio sta subendo una grande contrazione. La situazione aveva iniziato a cambiare già nel 2023 con i colossi della produzione cinese in difficoltà. Perdita di quote di mercato A livello commerciale la produzione di acciaio è sempre stata molto importante perché permette di sostenere una grande quantità di settori come quelli delle infrastrutture e non solo. Ma questo settore strategico sta perdendo terreno a livello globale: infatti la quota di mercato è passata dal 17% nel 2015 al 10% nel 2023. I numeri italiani Secondo Federacciai la situazione produttiva del paese rispecchia in pieno la tendenza a livello globale alla diminuzione di produzione dovuta ad un calo della domanda. A marzo del 2024 i numeri hanno registrato un calo del 12,6% rispetto all’anno precedente, complessivamente rispetto al 2023 la produzione è calata di circa 5.4 milioni di tonnellate. A soffrire di più sono i prodotti destinati all’edilizia (-11.0%) e quelli pronti per il settore automotive (14.2%). Tendenze globali Fino al 2023 il mercato è cresciuto del 4.2%, principalmente trainato dai colossi Cina e Indonesia. L’Europa invece ha lasciato sul campo circa il 6.2% del suo valore. Ma le cose sembrano invece essere cambiate anche per il colosso asiatico. Infatti l’era delle grandi costruzioni, delle infrastrutture e dell’edilizia spinta pare terminata. I numeri sono in calo e non sembrano destinati a risalire nel breve periodo. A questa crisi produttiva si aggiunge anche la minaccia di triplicare i dazi statunitensi su prodotti in acciaio. Il presidente Biden sta cercando di guadagnare il favore dei settori produttivi interni e vuole quindi aumentare la pressione sulla concorrenza cinese. Ha anche annunciato l’avvio di un’investigazione per “pratiche sleali della Cina nei settori della costruzione navale, dei trasporti marittimi e della logistica“.

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